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Avventure quotidiane dietro le quinte

Cosa accade quando metti insieme una ricerca musicale molta seria, un organo bellissimo e la storia vera di musici e scienziati visionari?

Beh, ve lo racconto subito.

La vicenda si svolge a Mantova ieri, ma anche in tutta Europa ed è iniziata duecento anni fa, ed anche quattrocento, e continuerà domani e forse fino alla fine dei tempi. Ma andiamo con ordine. 

Preferisci ascoltare il podcast? Eccolo qui, letto da me:

Chi di voi ha mai osservato in funzione i mantici di un organo?

Si tratta di uno spettacolo che mi affascina sempre, nonostante io abbia avuto modo di vederne già parecchi.

Quando però mi hanno presentato quelli della chiesa di Santa Barbara a Mantova, appunto, mi sono letteralmente innamorata! Sono quattro di numero, di un color rosso caldo tutti bordati di un crema chiarissimo, enormi, e il ritmo con cui si alzavano e si abbassavano mi ha fatto subito pensare ad una creatura fantastica!

Quel suono sordo e regolare che riempiva la sala della manticeria mi entrava sottopelle, mettendo in lieve allarme i miei sensi. Mi pareva di essere nella pancia di un drago… o comunque al cospetto di una cosa vivente, giunta li da un mondo antico.

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Che contrasto indescrivibile di percezioni, intuire una presenza e realizzare che non v’era nulla di animato che accompagnasse questi suoni. Infatti, dall’altra parte della porticina, da cui si passa verso il mondo di là, vi era solo la facciata che lo strumento offre ai visitatori fatta di canne, una tastiera, portelle dipinte e decori stupendi.

Comunque, ora, non è che entrando in qualsivoglia chiesa trovate sempre dei gioielli di ingegneria musicale. Innanzitutto, distinguiamo quelli tipo pianole definiti dagli addetti ai lavori pornofoni in maniera spregiativa che hanno i suoni campionati e quindi finti tipo la Bontempi… sono brutti, e di questi non ci occupiamo.

Quelli più fighi sono gli organi-drago, quelli con i mantici, che pompano l’aria nel somiere per far vibrare le varie file di canne. Quelli si che sono fantastici!

Ma torniamo a Mantova.

Nella chiesa di Santa Barbara, per l’appunto, c’è un organo-drago che ha qualche centinaio di anni. Quando ho percorso la scala che conduce su in cantoria mi sono emozionata nel pensare che di lì fosse passato Girolamo Frescobaldi (Ferrara, 1583 – Roma, 1643), un compositore importantissimo del periodo barocco a cui sono affezionata.

Quasi mi sembrava di vederlo salire anche lui su per le scale davanti a me, con il mantello scuro di lana svolazzante, sedersi sulla panca davanti la tastiera, esitare un attimo e poi e riempire gli spazi immensi tra le navate con i suoni delle sue composizioni.

Il luogo che stavo percorrendo era carico di storia e sono rimasta senza fiato cercando di intuire gli echi silenziosi che da quattrocento anni ormai e con stili diversi riempiono e saturano ogni angolo dell’edificio. Lì la musica è una presenza tangibile, resa ancora più densa dall’atmosfera invernale.

Sospese a mezz’aria tra passato e presente, le cantorie degli organi per me sono luoghi speciali, barche alla deriva nel mare dell’eterna memoria che mai si disperde, pur vagando nelle pieghe del tempo.

Anche io ero li quel giorno, naufraga di quest’epoca moderna, ultima arrivata in un luogo fantamagico in cui da centinaia di anni le orecchie dei musici odono le risonanze dei suoni immensi che emergono dalle canne antiche. Anche gli occhi si pascono sempre della stessa prospettiva: la luce che entra dalla vetrata dell’enorme rosone illumina gli spazi e i volumi, riflettendosi sulla pittura dei dipinti che si stagliano, bellissimi, sulle portelle.

Ma perché racconto questa storia? E come ci sono arrivata li a Mantova? E che c’entrano le chiese e gli organi con gli antenati dei robot??

Beh, tra le varie esperienze che ho vissuto, tempo fa ho avuto la grande fortuna di partecipare alla creazione di un video di presentazione di un libro scritto dal Maestro Andrea Macinanti organista di chiara fama. Titolo: “Fabricato alla guisa del corpo humano”, cioè fabbricato allo stesso modo di un corpo umano. Sottotitolo: L’organo come metafora antropomorfa.

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Niente di complicato, …anzi!! Detta in parole semplici viene descritto il legame impensabile, a dire il vero, tra musica, scienza e desiderio di immortalità che si dipana nel corso dei secoli come un lungo fil rouge mostrando un lato della ricerca umana, a cavallo tra esperimenti e ambizione pazza.

È un viaggio bellissimo che mette in luce un legame tra voce la umana e l’organo.

Inseguendo le testimonianze dei segreti desideri e delle nascoste aspirazioni terrene, ogni documento riportato sul libro ci mostra la via da seguire attraverso quei passaggi segreti che conducono ai laboratori alchemici, reali o della mente, di uomini geniali.

Insomma il libro racconta tutti i tentativi che l’uomo ha condotto, come un novello demiurgo, per plasmare egli stesso la vita con una creatura parlante.

Beh, non avrei mai immaginato quanto negli antichi fosse presente la spasmodica ricerca di imitazione della voce umana, una quasi ossessione che condusse gli organari verso il costante tentativo di creare nei propri strumenti dei registri sempre più vicini a riprodurre la voce dell’uomo. Questa ricerca venne fatta propria anche da tanti studiosi che idearono e progettarono esseri meccanici parlanti.

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Ho trovato fantastiche le vite e gli esperimenti di alcuni scienziati che tra Settecento e Ottocento, tentarono di far parlare macchinari o automi usando le meccaniche pneumatiche dell’organo, come ad esempio fece il medico tedesco Christian Gottlieb Kratzenstein (Wernigerode, 1723 – Copenaghen, 1795) primo costruttore di un organo vocale artificiale con cui vinse un premio nel 1780 oil matematico svizzero Leonhard Euler (Basilea, 1707 – San Pietroburgo, 1783) che si auspicava come l’organo potesse avere nel futuro il potere di sostituire gli umani nel parlare o anche l’inventore ungherese Wolfgang von Kempelen (Pressburg, 1734 – Vienna, 1804) che realizzò un automa che giocava a scacchi.

Me lo immagino il fervore della ricerca in questi uomini, inebriati dalla speranza di superare i limiti del possibile. Queste narrate sono vicende realmente accadute che hanno dell’incredibile e che forniscono spunti per scenari in stile steampunk e che inquadrano con più chiarezza la nascita della storia di Frankenstein.

Che dire? Ci siamo arrivati. Ormai è fatta, perché di voci finte è piena la nostra quotidianità da Alexa a Siri, dagli annunci nelle stazioni dei treni o negli aeroporti fino all’amico navigatore. Converrete con me però che, nonostante tutto, in queste parole dalla dizione perfetta e senza accenti emerge con forza la mancanza di qualcosa, di un pezzo di verità.

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Se è vero che la voce esprime il sentire dell’uomo, come può farlo un essere senz’anima? Un automa? Un robot?

A questo proposito è utile interrogarsi sul rapporto strettissimo che esiste tra voce e sentimento. Forse non ci facciamo caso, ma è evidente che nella nostra mente e nel nostro cuore si crea una relazione inconscia e sottile tra l’ascolto di un suono, di una parola, e la nascita di uno stato emotivo.

È come lo dici che mi fa capire cosa pensi, quindi, solo connettendoci a livello emozionale possiamo veramente comunicare non solo un testo, ma tutto quello che questo testo sotto intende. Il suono e l’emozione sono in effetti concetti indissolubilmente intrecciati ed è per questo che fabbricare una creatura parlante equivarrebbe ad essere dei veri creatori di vita.

Dall’organo-drago a mantici fino al computer più sofisticato, plasmare una creatura, un golem ubbidiente, è comunque un obiettivo che viene inseguito ancor oggi.

Basti pensare al continuo perfezionamento delle intelligenze artificiali e degli automi robotizzati… mi chiedo, si fermeranno mai?

Sembra quasi che l’uomo non si voglia rassegnare ad esser parte di un tutto, in armonia con Madre Natura, volendo invece per forza essere il padrone assoluto del tutto.

Per fortuna il confine tra uomo e macchina resta ancora invalicabile, e mi conforta sapere che, anche volessero, per i prossimi secoli il lavoro del cantante è salvo e manterremo il fortino per un bel pezzo. Non ce la faranno mai a sostituire un cantante, perché il canto e la voce sono dell’uomo.

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L’esperienza a Santa Barbara è stata meravigliosa e mi ha aperto porte di conoscenza che non dimenticherò mai. Dopo tre ore intense di lavoro, siamo usciti dalla pancia del drago più felici, e soddisfatti di aver raccontato una storia così incredibile.

Poiché le riprese sono state fatte in gennaio, con cinque gradi, ringrazio di cuore Filippo e la mia fida tripla canottiera di lana a maniche lunghe che sempre mi salva da morte certa per assideramento. Sono grata anche ai maestri Andrea e Umberto per la toccante esperienza umana e musicale che mi hanno regalato, soprattutto per aver avuto l’opportunità di fondere la mia voce con i timbri dei registri dell’organo drago presente nella chiesa, uno dei più belli che abbiamo in Italia.

Ebbene, dopo aver conosciuto questo aspetto tanto curioso quanto fantastico della storia umana, entrando in una chiesa da fedeli o da turisti riuscirete a guardare un organo (quando non è una pianola) con gli stessi occhi … distratti?

Io no… per lo meno, non ci riesco più.

Alla prossima!

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PS: e se alla fine vi va di ascoltarmi, eccomi qua insieme ad Andrea Macinanti.

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