Nella mia vita di soprano freelance ne ho fatte di ogni, mi sa che l’avete capito.
Tra le varie avventure, ho avuto l’opportunità di far parte della Cappella Musicale Patriarcale di San Marco, che è il coro che canta in chiesa, ma non la chiesa di San Marco quella dietro casa vostra, no! Avete presente Venezia? Quel chiesone tutto dorato in pazza San Marco? Eh, bene! Quello lì!
Preferisci ascoltare il podcast? Eccolo qui, letto da me:
Cantare a San Marco non è come cantare in parrocchia (anche se gli orari sono gli stessi) ma è un po’ meglio, visto che il coro ci canta da quasi 800 anni e, assieme alla Cappella Sistina (quella del Vaticano) è il coro liturgico storicamente più importante d’Italia: insomma una bella tradizione! E io ci ho fatto la gavetta, prima cantore, poi solista.

Anni meravigliosi in cui sono stata sommersa dalla polifonia quella figa, anche a dodici voci, e dalla grandiosità che si respira in quell’ ambiente solo a metterci il naso è qualcosa di indescrivibile.
La chiesa di San Marco è un luogo in cui la storia e la vita convergono tutte in un’apoteosi di bellezza!
Insomma, ci ho passato anni e potrei raccontarvi della meraviglia che si prova nello stare immersa a mezz’aria tra l’oro dei mosaici o dall’essere soffocata dall’incenso alla rosa con cui ci intossicavano i preti nelle domeniche più importanti, oppure del freddo mostruoso d’inverno, o di quel gusto sottile di saltare le file di turisti per entrare dalla porta principale perché avevo il Pass (tipo come quando hai il telepass e passi le file di auto al casello).

Potrei dirvi di come ci si sente ad averla considerata come casa propria perché ne conosci tutti gli anfratti, gli anfrattini, le nicchie, le ragnatele sui rosoni che brillano tra la polvere dei secoli! Che bello avere dei colleghi che poi diventano amici con cui s’intonavano musiche meravigliose, e dei paesaggi stupendi che si vedono dalla balaustra con i cavalli, quando si faceva da sottofondo alle celebrazioni solenni che si tenevano in piazza San Marco, che ti sembrava di stare in un quadro del Carpaccio.

O dalla vista mozzafiato che c’è da dietro le cupole quelle in alto che se vedono da tutte le cartoline, lì ci sono dei passaggi segreti per andare nelle altre navate!
Oppure potrei raccontarvi della gioia che si prova nel salire quelle scalette anguste che i più grandi compositori e organisti del passato avevano calpestato, c’è da baciarli quei gradini che hanno sostenuto il peso vivo di Jacques de Wert, Cipriano de Rore Gioseffo Zarlino, Giovanni Legrenzi, Monteverdi, Giovanni Gabrieli, Andrea Gabrieli Antonio Lotti, Galuppi, Perosi.

Ma no, basta, queste cose sono un po’ troppo romantiche. Invece vi racconterò di quella volta in cui mi sono sentita una m****, cioè in forte disagio durante una prova di un concerto?
Avete presente quei lunghi, lunghissimi secondi un cui ti sembra di vivere un incubo e vorresti scappare via, in cui decine di persone ti osservano con occhio torvo e ti senti una m****?
Ecco, iniziamo con ordine questo racconto dietro le quinte e più precisamente andiamo nel 2007, il 16 giugno, quando sono andata a fare un concerto in Svizzera con I solisti della Cappella Marciana.
Il concerto era fissato alla Hofkirche di Lucerna, quella bella città sul lago col ponte dipinto.

Ovviamente portavamo un repertorio di polifonia a otto voci. E voi direte, e perché a otto?
Beh, ve la faccio breve. Sapete voi dove è stato inventato l’effetto stereo?
A San Marco, no? L’hanno inventato nel Cinquecento: mezzi cantori a destra, mezzi cantori nell’altra navata a sinistra, il maestro che gesticola, te guardi il braccio nel casino generale e l’eco (San Marco è grande) e i suoni magicamente si amalgamano perfettamente e vengono ora da destra, ora da sinistra, ora da dietro, ora da davanti come nei cinema! Che in inglese si chiama surround.

Altro che Hollywood! Signori e signore, pure l’effetto stereo avemo inventato noi italiani! Altro che americani! E che fai? Non porti in giro la tua grande invenzione quando ti chiamano per fare i concerti? Ovvio!
E quindi siamo partiti in dodici solisti, i dodici solisti della Cappella Marciana, come i 12 apostoli, per portare la musica italiana, per far ascoltare il verbo, per un vero Concerto Veneziano!
Appena arrivati a Lucerna, tempo di sistemare le valigie in albergo, ci aspettava un enorme coro per le prove.

Eh sì, perché alcuni brani li facevamo solo noi, altri li facevamo in alternata con il coro di St. Leodegar, perché questo concerto era stato organizzato per i loro 125 anni di attività: un vero e proprio Jubilämskonzert, con posti numerati e tanto di biglietto!
E quindi ci hanno dato dentro alla grande chiamando gli italiani, e poi c’era pure Jeremy West al cornetto che mi raddoppiava, cioè raddoppiava il primo soprano, che ero io proprio come si usava all’epoca, e c’era un ensemble di strumenti rinascimentali per una musica che è tutta energia!

Si sprigiona tra il coro, le voci e i suoni, gli strumenti, una massa sonora talmente travolgente da pettinare quelli che stanno in prima fila!!!
La polifonia è un’invenzione magnifica! E con il doppio coro a destra a sinistra, ora pieno ora vuoto, è una vera meraviglia!
Orbene, il primo brano delle prove iniziava con… me! E che cavolo! Mi sono ritrovata che dovevo partire io a voce sola.
Avevo una fifa: duecento persone tra coristi e strumentisti che mi fissano con uno sguardo svizzero-tedesco che era qualcosa di agghiacciante, cioè mi guardavano persone con scritto sulla fronte “precisione al cubo”. Mi sentivo una grande responsabilità, quasi 800 anni di storia di San Marco sulle spalle, un panino nello stomaco e otto ore di viaggio, non ero proprio nella posizione più comoda… comunque… mi prendo la nota dal mio piccolo diapason.

Ok, vado! Comincio… Allarrembaggio!!!! Comincio a cantare, mi ascolto, sento il riverbero della chiesa, mica male questo sol, vai, vai che si attaccano di seguito i miei colleghi! Ah, che bello questo pezzo di Andrea Gabrieli, io amo Andrea Gabrieli! Senti che pulizia di suoni, dai che gli facciamo vedere noi a questi svizzeri tedeschi! Ma nel bel mezzo della seconda pagina, quando entrava il coro grande… sbadabam! Un casino!!!
Erano tutto fuori! Era tutto stonato, un disastro!! E tutti, improvvisamente, mi guardano un po’ perplessi.
Io resto attonita e penso:
Azz… Ale, hai preso la nota calante dal diapason! Ma che figura di m**** hai fatto!!! Ma… a me sembrava giusto, che cavolo! Vabbè, ci vuole umiltà, se sbagli, sbagli! Ricomincerò da capo
Il direttore allora sconcertato va all’organo e con il suo proprio dito indice mi da la nota.
Mii, che figura! Mi tocca ricominciare! Vabbè dai, errare humano est … dai ricomincio!

Vado, vado, eh? Allarrembaggio, prendo un fiato e canto! Buono questo sol, mica male, si attaccano i colleghi! Dai dai che andiamo forte!!!
Ma poi, appena si attacca il gruppo di svizzeri – tedeschi di nuovo è un caos mostruoso!! E’ tutto fuori, è tutto stonato, gli strumenti fuori, il coro stonato! Un enorme orribile casino!!!
E fu allora che duecento svizzeri- tedeschi, il maestro e i miei colleghi si girarono con uno sguardo incazzoso verso di me, con il loro indice della mano destra puntando in alto e facendomi intendere nel silenzio della Hofkirke: Borin sei stonata, tira su questa nota!

Ma, ma, io, io ho fatto bene… io ho preso la nota giusta, io…
Guardo con occhio pietoso e lacrimevole il nostro direttore, la mitica Justine Zara Rapaccioli, che mica è una qualunque, è la prima donna in quasi 800 anni di storia a fare da vicemaestro una musicista con i fiocchi! E che anche lei stupita mi guarda. Ma che figura di m**** ci fai fare?
Ma a un certo puto si dirige, con piglio risoluto, dal direttore svizzero-tedesco dal nome impronunciabile con la parte in mano e iniziano a confabulare!
Poi si gira, mi guarda e sorridendo mi dice: “Hanno la parte in un’altra tonalità”!
Ma che cavolo, ma non se le potevano controllare prima la parte invece di farmi venire un infarto??? Allora non sono stata io!!! Mi sento sollevata!
Gli ottocento anni di storia della Cappella Marciana mi sembrano più leggeri sulle spalle, guardo in alto e vado in trance e vedo Monteverdi che mi sorride, Gabrieli che mi stringe la mano, Legrenzi che mi fa l’occhialino, Perosi che mi da una pacca sulla spalla d’incoraggiamento. C’era anche Zarlino, ma tanto lui è sempre stato antipatico e non mi ha detto niente! E poi figurati se Monteverdi è felice, quello ce rosica sempre!

Sono salva, sono viva! Sono salva e sono viva.
Eh, perché bello, bello, fare la cantante, ma se sbagli sei morto! Se non sei affidabile, non ti chiamano più, e per giunta parlano male di te e ti tocca cambiare lavoro; ma per quella volta scampato pericolo!

Credete voi, non è finita qui? Quello è stato un concerto al cardiopalma. Messa da parte la questione delle tonalità, mi sono ritrovata il tizio innamorato di me in prima fila che s’era fatto il viaggio dall’Italia alla Svizzera per darmi prova del suo amore, nello sconcerto dei miei colleghi e di tutti, perché questo voleva portarmi via con lui, n’angoscia!
Oh, ma io devo lavorare mica vado il viaggio per vacanza! Devo fare il concerto!
Era un programmone da eseguire! E lo vedevi il direttore svizzero- tedesco dal nome impronunciabile, non dai lo pronuncio, Gerand Unternährer, tutto gongolante, gesticolare felice tra le note di stile italiano che riempivano con grazia la Hofkirche di Luzern.
Ah, che gusto sentire la mia voce, allora sottile sottile, che si librava nell’aria fondendosi e intrecciandosi con le altre e poi con il cornetto (lo strumento, non quello che si mangia d’estate magna) di Jeremy West, e all’unisono eravamo perfetti, insieme come la crema con il bignè.
Che suoni, che pulizia, che meraviglia. In quei momenti è tutto così divino che non sai in che epoca ti trovi, semplicemente galleggi nel vortice del tempo!
Ah, come me li ricordo quegli applausi e i sorrisi ammirati da parte degli implacabili svizzeri – tedeschi. E come mi sono sentita orgogliosa di essere italiana! Eh, si perché la nostra musica è speciale, è tutto è speciale, qualsiasi epoca tu prenda abbiamo creato cose fantastiche!
Siamo piaciuti così tanto che ci hanno fatto cantare pure il giorno dopo il concerto organizzando un fuori programma all’ultimo.
Insomma, a dirla tutto, ma proprio tutta, tanto precisi questi svizzeri tedeschi non sono!
E poi, maestri, controllare sempre le tonalità delle parti, eh? Che non voglio morire d’infarto un’altra volta.

Alla prossima