Quando mi capita di dover raccontare chi sono, cosa faccio e come vivo, a volte mi trovo costretta a sciorinare il mio eclettico curriculum e citare i miei titoli di studio e le mie specializzazioni … spesso e volentieri, però, accade che l’innocente inquisitore ci capisca meno di prima.
Chi son? Sono una cantante. Che cosa faccio? Canto! E come vivo? Vivo.
In povertà mia lieta scialo da gran signora rime e melodie ognora.
Per sogni, per chimere e per castelli in aria l’anima ho milionaria.

Va bene, la smetto! Lo so siamo incompresi, lo so, le nostre citazioni (canterine) le capiscono in pochi, lo so.
La mia spiegazione, dicevo, in effetti, non fa che lasciare gli astanti con gli stessi dubbi che avevano prima ma c‘è un ma!
Ci sono dei momenti in cui non segue il solito silenzio imbarazzato, il solito sorriso di circostanza, il solito cambio d’argomento… ma arriva una nuova domanda:
Cioè scusa, ma come ti è venuto in mente di cantare musica barocca?
Eh, eh, non è per nulla una domanda mica da poco.
Preferisci ascoltare il podcast? Eccolo qui, letto da me:
Allora, vediamo…
Innanzitutto, bisogna scavare, scavare, scavare nella memoria.
Ah, ecco!! Eccola lì, la piccola Borin, con gli occhiali, l’apparecchio, la coda di cavallo! Insomma ‘na cozzetta, un ruttino!
Ma no che dici? Eri un fiore in attesa di germogliare! Norin, un po’ di poeticità, no???
Insomma, a quell’epoca la vostra Soprano freelance preferita, era ancora una piccola adolescente a cavallo tra le medie e le superiori, e frequentava la scuola di musica comunale con grandi speranze!
In attesa che il mio insegnante mi insegnasse l’arte del canto…
Ehm, in attesa che il mio insegnante mi insegnasse l’arte del canto con assoluta dedizione, cura e onestà….
Va bene, sorvolo… si doveva capire già allora come sarebbero andate le cose.
A quell’epoca trascorrevo fuori dall’aula buone mezzore ad origliare le lezioni delle allieve grandi per cercare di imparare di più, l’occhio sempre mi cadeva sulla mensola della scuola con tutti i depliant dei vari eventi culturali della città.
Quale città??
A quell’era – il Mesozoico – vivevo a Viterbo piccola e ridente cittadina del centro Italia.
Eh, sì, la maggior parte delle volte che la cito, nessuno sa dove sia… ma, si dà il caso che fosse per quegli anni della mia adolescenza uno dei punti nevralgici dei concerti di musica barocca in Italia e nel mondo!
Oh, cartelloni da CA PO GI RO!
Ma allora ero una pupattola e non lo sapevo, e chi li conosceva quei nomi?? Gustave Leonard, Herrewege, Harnoncourt, Alan Curtis, Clemencic, Savall e tanti altri, cioè tutti i migliori!!!!

Così un giorno tornata a casa dopo la mia lezione di canto, consapevole dell’immane strada che mi si prospettava davanti di studio, apprendimento e costante applicazione chiesi al il mio adorabile papà di portarmi alla stagione di concerti del depliant che avevo in mano e che si stava approntando, ad ascoltare, appunto, una tale Emma Kirkby e i London Baroque, il programma prevedeva il Lamento di Didone di Henry Purcell.

Quella sera piansi. Sarà perché frequentando il liceo classico adoravo in latino e percepivo tutta la forza di quella donna abbandonata a quel sentimento straziante che è l’amore deluso e che solo un adolescente (quale io ero all’epoca) può percepire fino in fondo.
Solo chi sa amare riesce a comprendere la profondità del senso di mancanza e desiderio inappagato.
Beh, mi innamorai follemente, altro che i Thak That e volli tornare a sentire tutti gli altri concerti, per la gioia del mio papà.
Assieme al pio papà diventammo degli affezionati, per la famiglia era ormai diventata una tradizione ascoltare il festival barocco di Viterbo.

Anno dopo quando la mia insegnante al conservatorio di Venezia mi si prospettò, diciamo, forzosamente, l’opportunità di cantare barocco in un altro conservatorio, non lo trovai degradante come lei credeva e mi trasferii al conservatorio di Vicenza.
Dopo tre mesi, ebbi a prima parte da solista, studiai di buona lena, conquistai il mio pezzo di carta e iniziai a fare concerti
Ecco, quindi, come mai ho scelto di specializzarmi in musica barocca!
Eh sì, Il lamento di Didone, tratto dal Dido’s and Aenea di Henry Purcell è stato per me un amore a prima vista, cioè a primo ascolto… un ascolto che mai stanca (va avanti dal 1689).
È un brano costruito su una lacrima che scende lentamente rigando le guance d’ una donna ferita nei sentimenti, ricamano queste note i singulti della sofferenza d’amore, così bene lo fanno che paio veri.

Con quel suo basso cromatico discendente come si può non sentire lo straziante dolore di chi viene vorticosamente trascinata verso gli abissi? E quel Remember me “Ricordati di me” che si staglia ogni volta, nel flusso del tempo, grido ultimo di un’anima diafana, ombra vuota privata della vita perché privata dell’amore.
Sèd moriàmur sic, sic iuvat ìre sub ùmbras,scrisse Virgilio con perfetta poesia.

Purtroppo, nonostante i concerti, numerosi, mai ebbi l’opportunità di inserire in programma questo brano, fino a che, un giorno arrivò la solita telefonata.
Magari scherzavo, quella volta no!
L’ho fatta io, io l’ho fatta telefonata!
Infatti, attraverso vari giri di conoscenze ebbi il numero di Giorgio il direttore dell’ensemble romano i Furiosi Affetti.

E parla, organizza, conosci piaci, fu così che iniziammo a preparare un programma e tadaaan, quando arrivò la data del primo concerto con loro… l’occasione fu niente popò di meno che per, rullo di tamburi: il festival barocco di Viterbo!
Incredibile!! Incredibile, signori!!
E invece, sì! Il caso ha voluto proprio così.
Un altro cerchio che si è chiuso nella vita del vostro soprano free lance preferito!
E indovinate cosa mi hanno chiesto di mettere in programma?
Esatto, il Lamento di Didone!
Seee, adesso, qui stai a fa la fiction, non siamo mica a Hollywood, qua!
E invece, sì! Giuro che è andata così!!! E andò stupendamente quel 15 febbraio del 2020!

Durante le prove di assestamento nella sala del concerto l’organizzatore rimase stupito nel rendersi conto di come una che fa Borin di cognome e che vive in Veneto fosse così bene informata di tutta la storia dei concerti del festival barocco.
Raccontai, allora con grande entusiasmo di quando ero piccolina e di come i miei genitori mi scarrozzavano alle serate!
L’ organizzatore rimase alquanto nuovamente stupito di questo strano intreccio spazio-temporale e mi disse che avrebbe ascoltato con ancora più attenzione mi esibizione.
Ricordo ancora che prima di entrare sul palco e di trasformarmi in Didone, guardai il telo rosso del sipario, come sempre.
Amo guardare le quinte e rilassare la mente in quelle interspazio sospeso e spiare il pubblico, di nascosto, che sta in attesa e vidi, la mia professoressa di italiano del liceo, gli amici di sempre oramai con i figli e i capelli bianchi.
In quell’istante tutta una vita mi si palesò d’innanzi, in un battito di ciglia… cavolo Ale ma che vita incredibile!!

In fondo, come può il pubblico lì fuori conoscere davvero che cosa c’è dietro questo concerto, quali e quante avventure nascondono le quinte
Chi, chi sa delle lacrime scese in quella lontana sera di giugno di tanti anni fa, al suon della voce di Emma Kirkby?
Chi? Chi, può capire gli intrecci della vita che fonde, mescola e divide strade e destini?
Accolta da un caloroso applauso cantai con tutta la passione che potevo e sapevo tirar fuori.
Tra il mare di note cantate e suonate in quella sera, notai, tra gli altri, gli occhi di mio padre tra il pubblico che brillavano orgogliosi e soddisfatti.
E lo che pensava anche lui a quelle sere d’estate e ai concerti assieme, ascoltati attentamente l’uno accanto all’altra, pronti ad aprirci a quei suoni magnifici che solo la musica barocca possiede.
Eh, sì, la vita è un cerchio, tutto ha un senso, basta avere pazienza e saper aspettare. Dopo anni ce l’ho fatta sono diventata anch’io Didone che piange il suo triste destino dipinto magistralmente, con note senza tempo, da meraviglioso compositore che fu Purcell

Post Scriptum: comunque detto tra noi, non ci si innamora mai di un eroe, di uno scappato di casa come enea poi, che deve sempre fare quello che gli dicono gli dei?
Didò, si sapeva che t’avrebbe piantata lì in un secondo alla vista della gloria, per fondare Roma, che uomo!
Remember me…
Ma dai, Didone, fregatene, no? Sono passati 333 anni!!!
Remember me…
Ti assicuro: se uno ti pianta non ti ama!!
Remember me…
Didone, ma, dai, come ti viene in mente di suicidarti per amore lanciandoti su una spada su una catasta di legno in fiamme??? Ma siamo matti??
Remember me…
E basta!!! Detto tra noi questi gesti d’amore plateali, solo nella letteratura classica e nell’opera si possono trovare.
Io non l’ho mai capito, se uno ti molla… vabbè, soffri un po’ ma pi, come dice la grande Raffa: “E se ti lascia, lo sai che si fa? Trovi un altro più bello, che problemi non haaaaaaaaaaaaaaaaa”!
Alla prossima.
PS In questa mia vita vagabonda e piena di imprese musicali è facile confondersi, Tanto ho voluto cantare al Festival Barocco che ho confuso il ricordo e gli eventi. Resta per me vivido e netto il senso di gioia e trionfo nel cantare a Viterbo davanti ai miei amici di una vita.

Sei straordinaria!