Nella vita di un soprano freelance, come me, le avventure sono all’ordine della settimana e, ormai, ho imparato che nulla viene per caso.
Ci sono per esempio le avventure spot, in cui vai a fare il concerto, e, poi, non incontri più le persone con cui hai collaborato (…e a volte è pure meglio!).
Poi, ci sono le avventure musicali che ti restano nel cuore, fatte in luoghi incredibili come palazzi di principi o castelli infestati, in cui l’arte si mescola con la vita per far diventare la vita una piccola opera d’arte.

Cala, Cala, Borin, adesso pure castelli di principi? Mi sembra tu stia esagerando.
Eh, certo! L’Italia è piena di principi, non serve mica andare in Inghilterra.
Come sto esagerando?
Guarda io, il vostro soprano free lance preferito, guarda che nelle reali dimore dei principi Ruspoli e Orsini ci ho cantato, e pure pernottato! Malfidente!

E, poi, ci sono dei progetti che devi realizzare su commissione, tipo: “Mi scusi potrebbe intervenire per cantare la colonna sonora su un documentario relativo agli asinelli sardi?
Borin, ma che? Hai fatto pure questa?
Eh, sì, lo sai cara c’eri anche tu e sai che tutte le cose più origggggggggginali (con 10 g), sono mie!
A volte, però, il destino si involtola, si aggroviglia, si interseca tanto che un progetto nasce in un modo e poi si trasforma con il tempo diventando qualcos’altro!
Insomma, per dirlo alla moderna si tratta di un progetto work in progress!
Preferisci ascoltare il podcast? Eccolo qui, letto da me:
Ah, ah, ah! Il mio cappello delle meraviglie è pieno di questi work in progress e oggi vi voglio raccontare come nacquero una serie di spettacoli/conferenze musicali intitolate (regia, pronta con il tantantaa?) “Il suono dell’arte”!
Tutto ebbe inizio tanto tempo fa, in una notte di luna piena con un freddo incredibile che scendeva giù dalle montagne innevate. Le strade erano deserte e solo un soprano free lance si aggirava solitario per le strade della città deserta.
Scherzo! Ci siete cascati!
Allora, onestamente, non mi ricordo quando ebbe inizio questo progetto, mi ricordo che venni chiamata a cantare per un grosso evento organizzato da una grossa di produzione vinicola.
Era una roba bella massiccia, che mescolava insieme alcuni musici, io cantante, la vostra cantante free lance preferita, un’esperta di storia dell’arte e un attore.

Il tutto all’ombra della meravigliosa tela del Veronese (in proiezione, ovviamente): Le nozze di Cana, dove il Gesù muta l’acqua in vino. Il quadro che tutti avrete visto mille volte nei vostri libri di storia dell’arte alle medie e alle superiori, e che si trova al Louvre.

Ricordo che lo spettacolo andò bene, ma è nel dopo spettacolo che accadono le cose più incredibbbbbbbbbili (con 10 b).
Una nuova crezione!

Altro che Libiamo nei lieti calici, tra risate scambi, culturali nacquero nuove idee.
Sarà stata la conoscenza di gente nuova, l’allegria dell’ambiente, i fumi dell’alcool, sarà stato l’influsso di Paolo Veronese, sarà stato quello che vi pare, ma, alla Borin gli venne un’idea.
Ma perché non creare delle conferenze-concerto in cui si fanno suonare gli strumenti che si vedono nei quadri??

Eh, certo che i quadri suonano! E’ inutile che mi guardi così! No, non sono matta!
Basta saperli guardare, per sentirli suonare! Ma come suonare dove? In testa, no?!
Ah, ma dai… nel periodo antico era normale che i quadri suonassero anche. Non si guardavano solamente, ma anche sentire, quando vi erano ovviamente dipinti degli strumenti musicali, no?
Ogni oggetto o soggetto, rappresentava se stesso ma anche il simbolo in esso contenuto.
L’arte era bella esteticamente, ma anche ricca di significati se li sai leggere, o ascoltare, in questo caso.

Agli antichi piaceva mettere tutti questi simboli nascosti, infarcivano tutto con riferimenti, allusioni e rimandi.
Se li conosci, ti diverti un sacco a guardare un quadro!
È per questo che mi diverte l’arte antica, perché i quadri, le statue, le musiche sono come quei giochetti che trovi nella settimana enigmistica, dei rebus belli e buoni, solo che la soluzione non è a fondo pagina, ma sta, sì nel sapere dato dallo studio, ma anche, nella sensibilità degli occhi di chi guarda perché se guardi con il cuore altro che sentire i quadri; tu li percepisci tutti dentro di te.
Perché l’arte, signori, è comunicazione profonda della bellezza, dei cuori dell’umanità

Dentro le cornici c’è un mondo che va oltre le immagini dipinte, un universo che si esprime tramite strati e strati di sapere che si è depositato nel nostro inconscio e che va semplicemente riscoperto.
“Il suono nell’arte” in effetti fu un viaggio di riscoperta… Semplice no?
Mi spiego meglio.
Se in un quadro vedete un cane, che ci sta a fare?
Semplice! Cosa vuol dire cane? Fedeltà.
E allora il quadro rappresenta una scena di fedeltà!

La scimmia? La malvagità.
Il leone? La forza!
Il cigno? La virtù!
Il ragno? L’inganno!
Il gatto? Il tradimento. Eh, per chi ama i gatti come me, il vostro soprano free lance preferito è un duro colpo, è un duro colpo, lo so.
E se in un quadro vedete un giglio? … Cosa rappresenta il giglio? Purezza.
Infatti, ce l’ha sempre in mano la Madonna.
E la Palma? La vittoria.
E la conchiglia è l’attributo dei pellegrini
E la castagna? La castità.
E il cetriolo? Il peccato! Ma solo perché era un frutto acquoso e privo di sostanze nutritive.

Non è un caso, quindi, che i pittori infarcissero i quadri, di fiori, ortaggi, piante e animali… e quando si trovano gli strumenti musicali??? Nessuno lo saaaaaa!!!
Evaristo-Baschenis-Trittico-Agliardi-pannello-sinistro-1665-circa.-Bergamo-Casa-Agliardi.
Ed è così che quindi la Borin disse, col bicchiere di rosso in mano, che rappresenta la creatività, ovviamente, che discende dagli dei, decise di creare degli spettacoli innovativi. Ma perché non raccontiamo a tutti questa storia simpatica dei simboli??
Infondo la gente, che è sempre tanto curiosa dei gossip di cosa fa quel calciatore o quella velina, o quel tronista magari je piace pure sapere cosa vuol dire, che ne so, il piffero, o il flauto
E così assieme alla critica d’arte che conobbi quella volta del vino, iniziamo a fare delle conferenze/ spettacolo con proiezioni di quadri conosciuti e non, e musica dal vivo.

Signore e signori, Vedete un cielo dorato tutto pieno di angeli musicanti che cosa rappresenta secondo voi, se non l’armonia?
E se vedete l’arpa? E se vedete il piffero, è un suono militare!

Hans Memling
E se vedete qualcuno che suona un violino, accertatevi che sia un violino perché se ha sette corde in realtà è una viola da brazzo, che vuol dire da braccio non da abbraccio*.
Da braccio perché poi c’è anche la viola da gamba, che si tiene su con la gamba, no?
E se ha se corde era rappresenta l’universo in armonia perché gli antichi conoscevano 5 pianeti più 2 stelle fisse, cinque più due che fa sette: insomma roba chic. Una volta che la sai e vedi Apollo che suona questo strumento, capisci che è il dio dell’arte che suona in armonia con l’universo.

E se uno accorda lo strumento, vuol dire che cerca l’equilibrio nelle cose. Insomma una cosa meravigliosa.
Ah, che bel periodo balzellante tra biblioteche e sale conferenze, ricevendo anche un discreto a pagamento. Noi spacciavamo arte, cantavo e mi pagavano pure: una cosa incredibile per una terra come l’Italia!

Devo dire che mi sono tanto divertita dietro le quinte nel dare un suono all’arte.
Quante ore a cercare i brani giusti, studiare, preparare, calcolare le tempistiche tra parlato e cantato per condurre per mano il pubblico nel mondo dei colori e dei simboli, del sogno e della fantasia.

Anch’io imparai con mia meraviglia che persino la posizione delle dita sugli strumenti non è un casuale, infatti, ogni accordo rappresenta una tonalità e ogni tonalità uno stato d’animo.

“Il Suono dell’arte” fu anche un buon esercizio ginnico perché a portare il clavicembalo in giro per le serate, ci si fanno i muscoli. Oh, pesa come un mobile, eh? Da traslocatore a soprano free lance, è un attimo con questa vita!

Attento, attento, alle zampe!! No, no, no! Attento, attento, a non sbattere.
Gira qui, dai che saltano le corde e bisogna riaccordare tutto!
Come non entra nell’ascensore?
Come sono tre piani?
Aiutooooooo!!!!!!!

Eh, sì, perché noi, quelli della musica di confine, quella che arriva alla gente, noi siamo gli artisti veri, quelli che se la creano la scena.
Prima che la gente entri in sala e trovi tutto perfettamente a posto, ma voi lo sapete che si fanno pure le prove su come sistemare gli strumenti?

Ma ci avete mai pensato a questo dietro le quinte? In ogni luogo nuovo gli spazi sono da conquistare, trasformare, valutando non solo l’acustica, ma anche la comunicazione visiva tra di noi, mica posso cantare senza vedere chi suona e mi accompagna.
E allora sposta li, togli qua finché non si trova la posizione migliore e lo spettacolo può iniziare.

Il grande successo de “Il suono dell’arte” avvenne con Vermeer, cavalcammo la moda del momento. Ah, ma questa cavolo di ragazza con l’orecchino di perla quanto attirava, che non se ne poteva più a un certo punto.
Come ogni progetto, una volta raggiunto l’apice il suo culmine, terminò e si disperse nelle pieghe del tempo, ormai lo so, funziona così.

Mi restano di questa meravigliosa parentesi tra i colori, le forme, i pittori antichi del Rinascimento e del Barocco, mi restano i ricordi; i ricordi della gente in prima fila a bocca aperta, le mille domande dopo le conferenze, la felicità che sprizzava dai sorrisi degli sconosciuti giunti li chissà da dove per sapere, per conoscere o per semplice curiosità, e, che, pur uscendo con gli stessi abiti con cui erano entrati, in realtà, avevano messo nel portafoglio del cuore una grande somma di bellezza.
Bellezza che, ricordatevi signori, è quella che salverà questo nostro umano mondo.
Alla prossima
* ERRATA CORRIGE. Nella foga della lettura, in cui spesso non guardo il copione (seppur scritto da me, il vostro soprano free lance preferito) ho confuso Viola da brazzo con Lira da brazzo, di cui allego foto.
