Il Fato, come una grande regia esterna, indirizza gli intrecci delle vicende umane, e nella vita di un soprano free lance, sì, si, come me, questo avviene puntualmente… tanto che potrei sostituire il termine casualità con il termine programmalità.
Eh, lo so che non esiste, ma chi se ne frega? Meglio un neologismo che un errore di congiuntivo!
Siamo dunque giunti alla terza parte di questa avventura che racchiude i miei studi settennali in Musica Vocale da Camera, la depressione nel non riuscire a smerciare questo repertorio e la creazione di uno spettacolo per aggirare il problema!

L’idea mi è venuta così, un giorno per strada.
Mentre pensavo ai casi miei, è emersa perché s’è fatto tutto un pastone di emozioni tra il mio amore per Volfango Goethe e i suoi testi, le melodie di Schubert Schumann, Beethoven, Brahms che mi si intrecciano e mi si accavallano in testa e, poi, questa relazione preferenziale per questo mondo edulcorato e salottiero in cui vivo sognante per metà della mia giornata.
Utilizzare lo spunto del resoconto del Gran tour d’Italie di Goethe come cornice per infarcirlo di musica da camera fu veramente una grande idea. E quindi iniziai a leggere e studiare Dalla mia vita. Poesia e verità (Aus meinem Leben. Dichtung und Wahrheit), oppure Il Viaggio in Italia vero e proprio Italienische Reise.
E poi taglia e cuci, e pensa e metti, e togli e prova e riprova, confezionai su misura uno spettacolo di liederistica che era in realtà un racconto di viaggio.
Preferisci ascoltare il podcast? Eccolo qui, letto da me:
La prima occasione arrivò ben presto, occasione in cui riuscii a piazzare la mia nuova creatura e furono alcuni inviti ad esibirmi presso una Haus Musik!
Come cosa sono? Ma sono i moderni salotti dell’Ottocento!
Sì, c’è ancora gente amante della cultura che apre la propria casa non solo ai feston buei (termine dialettale veneto per definire dei mega party senza regole) o per le partite di calcio o per il compleanno del figliolo, ma apre la porta agli artisti, creando, a proprie spese, eventi per un pubblico selezionato, perché mica a casa tua ci fai entrate tutti, no?

Sono circoli ristretti di appassionati, in cui tutto viene consumato in maniera riservata.
Ma che state a pensare! Sì, sì, che è tutto legale, anzi legalissimo anzi, ma perché non lo fate pure voi?
Aprite le vostre case alla cultura! E piazzateci un pianoforte e vai di concerti!
Il salotto è piccolo? Unite le forze, il concerto fatelo col condominio, usate gli androni, i garage! Salviamo la musica, gente!! Siamo in via d’estinzione, se salvate i panda e le balene, potete anche farlo con noi no?
… no eh? Noi artisti. no? Neanche se mi trucco da panda?

Il successo dei due eventi fu clamoroso e la cornice sembrava reggere intrecciata alla potenza della musica. Avevo creato un nuovo ciclo, dato la musica al “Viaggio in Italia” di Goethe e un suono al sentire del poeta con le sue stesse parole. Sì, Goethe, il povero Volfango bistrattato dai programmi scolastici così assurgeva ad amico e fratello, lui un grande l’ultimo uomo universale a camminare sulla terra (dicono questo su di lui).
Volando con la fantasia della narrazione, il pubblico si auto riconosceva nei gesti e nei paesaggi da cartolina di un’epoca passata, che poi tanto passata non era.
Venezia con i suoi canali è ancora lì, come lo è Firenze e la sua piazza, Roma con le sue chiese, e Napoli con il colore del mare, e Palermo con il sapore ricco dei suoi frutti e il calore del sole.

Poi le buche per le strade sono ancora lì. Sì!
Sì, le buche… Goethe si lamentò che le nostre strade erano messe un po’ male così come raccontò del nostro modo di gesticolare è ancora lì!!
Ah, ah, non ci credete? Gesticolavamo anche nel Settecento!
Lo scrisse a Verona, il 15 settembre 1786:
Nei giorni del mercato le piazze sono affollatissime, verdura e frutta in enormi quantità del resto gli italiani gridano, cantano trafficano tutto il giorno, si accapigliano, si scagliano l’uno contro l’altro e ridono incessantemente. La notte i canti e gli schiamazzi aumentano a dismisura, passo inosservato nelle strade della città perché mi sono vestito come usano certe persone di ceto medio, ho iniziato anche ad imitare i loro modi perché camminando gli italiani parlano e dimenano tutte le braccia.

Per ben quattro volte presi grandi applausi e ottimi cachet, e fui soddisfatta…
Ma sentivo che bisognava andare oltre quel ristretto circolo di cultori, bisognava fare proseliti. Bisognava raccontare al mondo italico che sì, era possibile ascoltare musica in tedesco che non fossero i Ramstein!
Che figo! Grandi i Ramstein, ricordo che il rock non sarebbe esistito senza musica da camera!!

Ma come stavo dicendo, bisognava andare oltre, e quindi colsi l’occasione offertami dall’amico dell’amico di un amico, per presentare un progetto didattico presso il liceo artistico di Vicenza che stava per aprire giustappunto una sezione di scenografia.
Si? Pronto signora Borin, il suo progetto è stato approvato dal consiglio!
Evvai!
Avvenne, così, che approdai alla presidenza del liceo, e iniziò un lavoro intenso la cui idea mi fa emozionare ancor oggi.

Perché è dai giovani che bisogna partire, è proprio nelle scuole che bisogna portare una cultura rinnovata e rinfrescata!
Se entrando in un Conservatorio di Musica si sente un caos di gente che fa le prove, oboi contro clarinetti, soprani contro pianisti, tromboni contro arpe; entrare in un liceo artistico è stato qualcosa di sensazionale! Un’esplosione silenziosa di forme e colori, la creatività si manifesta in ogni angolo tra pitture, sculture, disegni e realizzazioni fantasiose e ardite che decorano tutti quanti i muri dei corridoi.
Trasformarmi per l’occasione da artista in prof. e parlare con i ragazzi, riuscire a trasmettere loro la bellezza dei testi di Goethe e l’importanza del suo viaggio, quanto si può imparare dal suo sguardo amorevole sulle nostre terre per comprendere chi siamo e da dove veniamo, per progettare chi vogliamo essere e dove vogliamo andare perché “Non si può comprendere il presente senza conoscere il passato”
La preparazione dello spettacolo fu qualche cosa di veramente emozionante, settimana dopo settimana il progetto diventava reale. Osservare da vicino la macchina del teatro mettersi in moto ed essere tu stesso a dirigerla ti fa sentire in qualche maniera una creatura dalle facoltà illimitate.

La creatività in effetti è uno stato speciale di beatitudine in cui dal nulla si realizza qualcosa di reale, è un momento in cui i pensieri prendono forma, è un modo di mostrare al mondo il tuo sogno. Collaborare con i docenti, a loro volta artisti, mi diede modo di poter condividere idee e strategie.

La cosa più bella era vedere tutti lavorare con entusiasmo verso un unico obiettivo: la bellezza, sì, quella che salverà il mondo.
Ed è così fu che le varie classi del liceo si misero in moto per realizzare ognuna con le proprie qualità e capacità quanto richiesto.
La classe di scultura realizzò un busto di Goethe da mettere in scena.

La classe di oreficeria dei gioielli ispirati all’amore del grande poeta per la botanica e la natura.
I ragazzi si presero spunto dai disegni e ai suoi schizzi originali di Goethe stesso, fu un momento di studio, scoperta e fervore artistico per tutti!

Il figurativo creò meravigliosi acquerelli con paesaggi italiani ispirati alle parti del viaggio in Italia che avevo selezionato. La parte del design e video realizzò dei filmati temporizzati in cui il testo dei Lieder, con italiano a fronte, scorreva a ritmo di musica.
Ogni giorno come una pianta dai fiori colorati cresceva piano la struttura dorata ove avrei incastrato i 12 Lieder su testo di Goethe. Come la struttura di un anello con 12 diamanti!

Ero riuscita a creare un contorno per poterli rendere estremamente comprensibili senza modificarli di una sola virgola. L’obiettivo era raggiunto.
Cercai, poi, dei colleghi sensibili per accompagnarmi in questo viaggio: Dimitri al pianoforte e Nicola come attore.

E, quando il giorno della rappresentazione, il teatro aveva tutti i posti pieni e il silenzio in sala fu ricco di tensione… capii che lì, mi giocavo le mie carte.
Quattrocento adolescenti da far star zitti e attenti un’ora e venti! Ancora ricordo l’agitazione prima dello spettacolo.
Avevo indossato i gioielli dei ragazzi.

Mi sentivo una responsabilità enorme addosso. La prima nei confronti di Goethe, che l’avevo trascinato in quell’arena fuori dai libri scolastici dove viene relegato per tutto il tempo e, lì, si giocava il tutto per tutto: con “I dolori del giovane Werter” e il “Faust”, chi lo sopporta?
E poi responsabilità nei confronti di Mozart, Schubert, Schumann, Beethoven e Brahms che sarebbero stati paragonati a qualche artista del momento dal nome impronunciabile e l’intonazione fatta con l’auto-tune.
E poi aver mosso da sola tutta quella macchina, una scuola intera, il teatro, il tecnico audio, luci, l’attore, il pianista! Borin, ma dove vai a metterti??
Prima di entrare in scena, il pensiero è sempre quello cioè: fuggire!
Ma dove? Poi mi raggiungerebbero e quindi desisto.
Vado??? Entro????
Quando i primi accordi del “Solitario bosco ombroso” del Rolli risuonarono in sala, venni risucchiata sulla scena dal magico mondo del teatro.

Fino all’ultimo non ho sentito nessun adolescente fiatare, neppure il suono di un cellulare né una cartina di caramelle e mi ricordo andavo avanti anch’io nello spettacolo stupita e commossa.
Gli applausi scroscianti sancirono la fine di quell’ enorme impresa che fu il Viaggio in Italia, ma anche il viaggio di tutti noi nella bellezza della musica e del nostro passato.

Vedere i professori salire sul palco, prenderci tutti per mano con me una vera troupe di quelle dei grandi teatri, vedere i sorrisi luminosi dei ragazzi dopo che le luci in sala furono accese fu emozionante. E mentre loro continuavano ad applaudire con entusiasmo, proprio in quel momento, ho capito quanto i nostri ragazzi abbiano sete vera di qualità e di cultura che spesso gli viene negata.

Che dire? Mi sono sentita soddisfatta, felice e fortunata!
Sapere che da un’idea, da una sfida ero riuscita a trasmettere a quattrocento ragazzi che i Lied non era un supermercato, che i Lieder non sono solo i leader politici e che i cicli non sono quelli delle donne o né quelli della luna, e che, soprattutto, Goethe era più umano di quanto si potesse sospettare, e che noi italiani siamo sempre gli stessi gente vera e amante della bellezza.

E che Napoli, Palermo, Firenze, Vicenza, Venezia, Roma, sono scrigni meravigliosi di storie senza tempo e che qualsiasi Wanderer (viandante) si ritrovi a vagare per le strade della nostra bella Italia, non può far altro ammirare, per poi tornare a casa più ricco, più umano e più uomo.
Alla prossima.
PS per un orribile caso della vita gli acquerelli dei paesaggi italiani furono rubati prima dello spettacolo, per fortuna li avevamo messi tutti in formato digitale.
L’autore di quello che mi era piaciuto di più ne rifece una copia per me, che conservo con cura nella mia sala della musica.
