Nella vita di un Soprano freelance come me, ogni esperienza, serve per imparare. Soprattutto se ti accadono avventure bizzarre.
E come diceva il caro vecchio filosofo Immanuel Kant, l’esperienza è conoscenza!
Preferisci ascoltare il podcast? Eccolo qui, letto da me:
Ma evidentemente caro vecchio filosofo Immanuel Kant nella sua categorizzazione delle cose non aveva contemplato il lavoro dell’artista free lance, come me, che modificando ogni volta tutti i fattori dell’esperienza: team, luogo del concerto, viaggi, repertorio non riesce mai a sapere quello che gli accadrà, finché non gli accade e quindi brancola costantemente nel buio!

Ordunque stavo un attimino ripercorrendo le mie canore vicissitudini per cercare qualche simpatico aneddoto da raccontarvi e scavando, scavando, scavando.
E mò non esagerare… che sennò si capisce che sei vecchia! Ale, ma te le devo dire io queste cose?
Ah già, questa brutta mania di dire la verità! Ricomincio!
Quindi stavo un attimino ripercorrendo le mie canore vicissitudini e immediatamente mi è balenato a mente un episodio morto e sepolto avvenuto sabato 23 marzo del 2002.
Ah, nei primi anni Duemila, la Borin era una giovane, giovanissima, cantante iscritta al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia.

Lì aveva iniziato a fare amicizia con alcuni clavicembalisti e organisti divertendosi con loro a cantare di nascosto da quella strega della sua insegnante il meraviglioso repertorio del barocco, in effetti con i miei colleghi cantanti non mi ci trovavo, troppo spocchiosi, troppo affettati… e sempre sospettosi.
Io la competizione non la soffro e quindi meglio la compagnia degli strumentisti che sono più simpatici e anche più sportivi! In primis i percussionisti, poi a ruota i contrabbassisti, i violisti, tromba trombone, corno, oboe, clarinetto… e pianoforte quando non si crede di essere chissà chi! Gli altri si sentono già solisti e viaggiano a un metro da terra e, quindi, non ci puoi parlare.
Ordunque siccome già all’epoca albergava in me uno spirito freelance, condito al prezzemolo, mi venne offerta l’opportunità di cantare alcuni brani di brocco barocco quando ancora non c’era manco il dipartimento di Musica Antica al Conservatorio (sempre avanti coi tempi la Borin) e quindi mi venne offerto di fare un concerto in duo nel comune di Civezzano in provincia di Trento.

In una pieve che si ergeva in uno di quei soliti luoghi sperduti dove ci sono gli organi storici e dove i musicisti free lance, come me, vanno a cantare non per fama o per gloria delle grandi e indottrinate platee, ma per creare e donare qualcosa di bello a servizio dell’arte e di chi vuole ascoltare.
Orbene dopo numerose ore di macchina, giunti nel luogo stabilito, io e il mio collega, iniziamo a prendere confidenza con il posto!
Ricordo che era una grande chiesa con un organo molto bello posto a mezz’aria in una cantoria ben decorata. L’organo era un Bonatti del 1708! Ovviamente dopo il viaggio chiesi di scaldarmi la voce e il parroco mi indicò la sagrestia.

Prego signorina può stare qui dentro quanto vuole.
Grazie, padre!
Salutai così il mio collega che si inerpicò per iniziare a provare i registri dello strumento e ignara di quello che da lì a poco mi sarebbe capitato, aprii la pesante posta della sagrestia fatta da grandi travi di legno scuro tenute insieme da barre di ferro arrugginito.
Il luogo era grande e luminoso, ben arredato con mobili di legno antico. Si vedeva che era una chiesa storica.
Iniziai a fare i vocalizzi, ma dopo mezzo secondo cominciai a sentire un caos incredibile a causa dell’organo che rimbombava a tutto volume nella chiesa! E adesso come faccio a provare?
Chiusi la porta per stare tranquilla, e dopo mezz’ora di doverosi coccodè, decisi che potevo salire in cantoria a provare i brani.
Girai la maniglia della porta, spinsi e … niente! Non si apre, ma come mai? Spingo, spingo e non capisco come mai la porta stia ferma, finchè a 50 cm da terra lo vidi: un enorme chiavistello di ferro arrugginito, infilato profondamente all’interno del muro di pietra!

Oh, cavolo, mi sono chiusa dentro!
Non è possibile ci deve essere un modo per uscire, me l’avrebbero detto di non tirare la porta, no? Cominciai a tirare: spingi, tira, spingi, tira e niente!
Fuori il mio collega che suonava, andai al cellulare squillava, ma nessuna risposta! Quello non sentiva! Attesi i momenti di silenzio tra un brano e l’altro e urlai “Aiutooooo”! ma non ottenni nessuna risposta!!!!
Dopo un’ora di chiamate continue si scaricò anche il telefono! Aiuto!
Ero chiusa in una sagrestia con un concerto alle 20.30!
Guardai l’orologio, mancavano solo quattro ore! Aiuto!!!!!!!!!!!
Dovevo agire in fretta, dovevo salvare il mio concerto! Mi serviva qualcosa, pensai ad un piede di porco! E come pensavo di trovarlo in una sagrestia?? Beh, almeno ci sarà un martello o un cacciavite, pensai.
Iniziai ad aprire tutto! Niente! Cavolo, è una sagrestia… pìssidi, ampolline, calici, ma che ci faccio??? Aiuto… voglio uscire!!!! C’ho un concerto!
Invocai il mio mito adolescenziale, Mac Gyver, quello salvava il mondo con un coltellino svizzero e io non potevo con una… una… forchetta? Fu l’unica cosa di metallo che trovai, ma si piegò al primo tentativo,
Ma che cavolo, forchetta stupida!
Continuai a cercare… e qui che c’è?
Un turibolo? Ma non mi serve! Aiuto!!!!!!!!!!! Aprii altri cassetti: paramenti, tazze, tazzine, tonache, corporali, stoffe, asciugamani, tovagliette, inamidate!
Sussultai vedendo una grande scatola di legno, la aprii ma al primo sguardo ogni speranza si era infranta! Ma che mi importa dei grani dell’incenso a vari profumi? Confesso che mi balenò l’idea di dare fuoco a tutto, magari poteva servire mandare segnali di fumo per avere aiuto!

Un piattino di metallo, la patena! La usai, forse era buona per scardinare quella serratura! Ma il chiavistello pesante e grande, che si inseriva in un buco di un muro secolare, non cedette! Pensai che ci volesse un piccone… bisogna salvare il concerto!!!!
Ale, ma non vieni a provare?
Il mio collega fagiolo si presentò alla porta.
Ma come faccio, sono chiusa dentro!
Ma come? Ma sei scema?
Iniziammo a litigare.
Scema io? Ma che colpa ne ho? Il prete mi ha detto di mettermi qui!
E non c’è niente per aprire?
No che non c’è, ho guardato dappertutto!
Nel silenzio assordante, murata viva in una sagrestia nella valle di Cembra, le campane suonarono le sei!
Mancano due ore al concerto! Aiuto!
L’unica via d’uscita era una sorta di finestrella-abbaino a ribalta posta in alto, ma il soffitto era alto almeno quattro metri, anche accatastando tutti i mobili, comunque, non ci sarei passata.
Il collega fagiolo alla fine fu costretto a chiamare il parroco.
Ragazzi, forse mi sono dimenticato di dirvelo la porta si apre solo da fuori, ma la chiave la teniamo dentro.
Ma come tenete dentro la chiave? Ma siete scemi?
Signorina la trova nel terzo cassetto del mobile al centro!
Corsi al mobile, apri il cassetto! Ma c’erano almeno venti chiavi, ma che scherzo è? Ma sei scemo?

Padre i scusi, vi sono molte chiavi qui nel cassetto che mi ha indicato
Si, si, tu prendi quella grande.
Padre, quale di quelle grandi che vedo?
Eh, non lo so, non mi ricordo mostramele.
Decisi di prendere tutto il cassetto e di portarlo in blocco davanti al buco della serratura che era bello grosso, sembrava quello del priorato dei cavalieri di Malta a Roma, quello sull’Aventino con la fila dei turisti, per vedere Er Cupolone!

Mostrai le chiavi.
E’ questa dorata!
Ah, menomale! Ma il sollievo durò mezzo secondo… menomale un corno! E mò che c’abbiamo la chiave come la facciamo passare dall’altra parte della porta?
Le fessure delle travi di legno erano piccole. Una sega non c’era… l’unica era farla passare dalla finestrella in alto, ma come ci arrivo?

Le sette, aiuto, il concerto! Oh, Cavolo!!! Borin pensa, Borin pensa… pensa!!
Anni di Tetris, Lego e MacGyver saranno serviti a qualcosa? Immediatamente, la stanza si tramutò come in un’allucinazione: vidi i mobili muoversi, i profili incastrarsi gli spazi ridursi, gli angoli combaciare! Il progetto in mente balenò in un’istante! Costruire una scala senza la scala per arrivare all’abbaino. MacGyver, ti amo!
Iniziai a svuotare i mobili e ad accatastarli uno sull’altro e poi, colpo da maestro!
Misi la chiave della salvezza nella coppetta dello spegni candela con il manico più lungo che avevo trovato dietro all’armadio delle tonache, pigiandola bene dentro la cera in modo che stesse ferma. Guadai la finestra, era l’obbiettivo dovevo farcela!

Voi Borin! Mi arrampicai come una scimmia affamata fa su un banano! Giunta in cima mi allungai verso la finestrella, alzandomi il più possibile sulle punte dei piedi che poggiavano su una scatola di legno, che poggiava su tre sedie impilate, che poggiavano su un armadietto, che poggiava su un tavolo, che al mercato mio padre comprò!
E con traiettoria lenta e sicura infilai lo spegni candela con la chiave nella fessura della finestra, la oltrepassai e con un movimento netto e deciso girai il manico. Senti la pesante chiave scivolare sul tetto e poi il nulla.
Furono i minuti più angosciosi della mia vita. L’avranno presa o non avranno presa?
E nel silenzio immaginai di tutto. E se si è incastrata tra qualche coppo e qualche tegola? O se qualche uccello rapace o qualche gazza ladra, ammirati dal dorato della chiave, l’hanno rubata? Rimarrò chiusa, appollaiata qui dentro per sempre? E se nel frattempo è scoppiata una guerra nucleare e sono tutti morti?
Finalmente la porta si aprì e io fui salva!
Alle 19:30 uscii da quella sagrestia, sporca e distrutta come dopo un trasloco.
A guardare dentro sembrava un campo da guerra, cassetti aperti, mobili spostati, tutto in disordine, un delirio!
Il prete fissò quel caos e con fare imperturbabile mi disse:
Figliola, lode al Signore Dio, che ti ha salvata.

Ma che stai a dì? Che mi sono quasi ammazzata per uscire da qui! Ma, che non me lo potevi dire il problemino della vostra porta qui a Civezzano?
Certo padre, lode al Signore!
Sorrisi e andai a cambiarmi d’abito.
Libera, sì, ma stressata come una sopravvissuta ad un terremoto.
E restava pure il concerto cantare! Comunque, per la cronaca, iniziammo puntuali e il concerto andò benissimo che ero già piena di adrenalina!

Caro, vecchio, filosofo Immanuel Kant, sai che te dico?
Se, come dici tu, la conoscenza viene dall’esperienza, allora questa esperienza insegna che: se entri in un posto a fare vocalizzi bisogna sempre controllare che la chiave non sia dentro e la serratura solo fuori!
Alla prossima!!!