Nella vita di un soprano freelance, come me, certe giornate sono così ricche di emozioni e di avventure che alla fine delle 24 ore ti sembra di aver vissuto un mese. E se trascorri una settimana di viaggi e prove, con concerto finale: al ritorno ti sembra di essere rimasta lontano da casa per un anno.
E se stai via per un mese? Beh, torni che sei un’altra persona che manco ti ricordi dove tieni le ciabatte di casa!
Eh, sì, signore e signori, siamo ancora in Svizzera! 44 giorni sono lunghi. Ci sono ancora un sacco di retroscena e, qui, siamo arrivati solo al 14 di agosto! Rientro previsto in Italia 19 settembre!
Preferisci ascoltare il podcast? Eccolo qui, letto da me:
Innanzitutto, svegliarsi il 14 agosto per la gente comune è un risveglio vacanziero in ozio e normalità, ma per me, che sono un soprano free lance, no! Perché? Perché, è la data del mio compleanno!

Ah, adoro questa allegra e stonacchiata canzoncina. E poi com’è bello organizzare una festicciola, tagliare una torta gelato, scartare i regali e… e invece, no!
Borin, tu te la sogni questa roba! Tu sogni!
Eh, già perché, nascere in questa data è una tragedia: niente feste con tutti gli amici e, soprattutto, niente regali!
Ma chi si ricorda di te che lavori mentre è in montagna o mentre è al mare a bere un cocktail mango e lime sotto l’ombrellone? Nessuno!!
E quindi, anche nel 2017 mi rassegnai a vivere una giornata comune festeggiandomi da sola, in solitudine.
Ormai mi ero ambientata in quel di Ginevra nel mio appartamentino vista orenda,

con il mio amico Dettol (il disinfettante) e il s’il vous plait ogni secondo e la cioccolata al posto della verdura!
Ricordo che quella mattina scrutandomi allo specchio, mi dissi Alessà un altro anno è passato, tanti auguri a te, … e andiamo a lavorare!
E così uscii per tempo, per recarmi in treno nella ridente cittadina di Morges dove erano fissate le prime prove musicali!
Ebbene sì, sappiate che negli spettacoli complessi che uniscono recitazione e canto, le prove si fanno sempre separatamente.
Prima si lavora la parte musicale, poi la parte recitata e infine si uniscono insieme ai movimenti di regia.
Ordunque le così dette prove musicali si svolgevano nel magnifico Théàtre du Casinò di Morges.

Vi descrivo il posto: vista lago mozzafiato con i fiori colorati perfettamente allineati nei vasi tutti uguali, mozziconi di sigarette e cartine per terra non pervenute, ordine, disciplina, puntualità e tante barche a vela in lontananza, che danno al cittadino quella parvenza di libertà e di freschezza che non guasta mai.

Che figata, direte voi. Eh sì, questo teatro è un luogo già familiare in realtà, protagonista di altre avventure che vi racconterò in seguito.
Comunque, dopo dodici giorni di solitudine svizzera, fu un piacere iniziare finalmente l’avventura artistica e interagire con qualcuno che non fosse la signora della boulangerie o la cassiera della Coop: S’il vous plait !
L’orecchio me l’ero fatto, Ginevra era quasi espugnata, ora si trattava di creare la magia dell’Arte con una nuova compagnia di colleghi.
Quel 14 agosto 2017 il sole brillava alto nel cielo azzurro, un po’ di brezza rinfrescava la calura estiva; rammento con piacere quella giornata perché contribuì a creare feeling tra tutti i partecipanti dello spettacolo!

Signori, vi dirò, mica è facile questo lavoro, pensateci un attimino. Incontri uno o una e ci comici a recitare o a cantare assieme, facendo finta magari di essere il fidanzato, il padre, il fratello, il marito … il nemico!
L’Arte coinvolge l’anima, è una cosa intima.
Insomma, non puoi farlo subito con uno che manco conosci, il concerto intendo!
Comunque, in maniera del tutto inaspettata, ricevetti una bellissima sorpresa da parte dei miei appena conosciuti compagni di viaggio, informati chissà come del mio genetliaco.
Alla fine del pranzo nella terrazza chic del ristorante del Casinò di Morges con la vista mozzafiato i fiori e le barche a vela, giunse, portata baldanzosamente dal cameriere s’il vous plait, una candela super scoppiettante e fiammeggiante su una fetta di torta! Mi emozionai!
Eh, eh, vedi? Vedi, Borin che il mondo, dopotutto non è un posto così malvagio? Soffia ed esprimi un desiderio e basta!

17 agosto 2017
Inizio ufficiale delle prove dello spettacolo.
La pronuncia sembrava a posto, la dose di cioccolato giornaliera si era ormai attestata a numerosi quadratini, le verdure? A parte carote e la salade me le ero dimenticate!

La musica la sapevo a memoria, il copione pure e pure la parte degli altri! Ora bisognava imparare i movimenti, calcolare gli spazi, i passi, gli inciampi (per evitarli ovviamente) col costume di scena, le scarpe nuove: insomma prevedere tutte le possibilità per ottenere la perfezione!!! Ero emozionatissima.
Appuntamento ore 10.00 presso Rue de Contamines, Génève!
Lo spettacolo Dufour chez Dufour si sarebbe svolto proprio nella casa del grande Generale Guillaume Henri Dufour, un’evocazione spazio-temporale più che altro.
Io interpretavo la figlia piccola dell’eroe svizzero! Il regista Jean Winiger aveva pensato di far realizzare i palchi per il pubblico attorno alla maison, insomma, aveva pensato di impacchettare la casa, costruendo un vero proprio teatro attorno alla facciata esterna di modo che il pubblico potesse guardare sia dentro che fuori dalla casa Dufour.

La Maison Dufour era un’austera villa ottocentesca con un parco attorno che la teneva protetta dagli sguardi indiscreti, tutto nel misurato stile calvinista, altro che i decorati palazzi romani. Eh, va bene Calvino, datti una calmata, Roma è Roma…e non si può dire nulla sulla sua bellezza!
Ti ho già detto mi sono ricreduta sull’ospitalità degli svizzeri, però sul cibo la scusa della sobrietà non regge e comunque mancano ancora un sacco di giorni al mio rientro in Italia per cui: stai attento a te!
A destra dell’’ingresso della Maison Dufour c’è una targa che ricorda le grandi imprese del generale, un uomo che effettivamente imparai ad amare per la sua straordinaria lucidità, umanità e capacità di pensare in grande.

Il generale Guillaume-Henri Dufour nacque a Costanza, sul lago, il 15 settembre 1787, studiò alla scuola politecnica di Parigi divenendo ingegnere, fu a servizio nell’esercito francese, per poi passare nell’esercito federale con il grado di capitano.
Intelligente e arguto pacifista fu istruttore del genio militare. Andando per montagne e per valloni con le nebbie e i solleoni, diresse i lavori per creare la prima opera cartografica ufficiale della Svizzera la cosiddetta Carta Dufour.
Il 21 ottobre 1847 fu designato dalla Dieta (non la dieta per la prova costume, la dieta intesa come assemblea). Dicevo fu designato dalla Dieta come comandante delle truppe federali, per sciogliere la lega dei cantoni separatisti il Sonderbund, cioè i cattivoni, insomma, che volevano la disgregazione della Svizzera.
Confusione nella vita dei precisi svizzeri, insubordinazione! Aiuto! Arrivò dunque Dufour e dopo tre settimane e una sola battaglia, la lega venne disciolta, creando le condizioni per la costituzione della Confederazione Svizzera.
Per volontà di Guillaume-Henri Dufour le vittime furono pochissime onde non compromettere il processo di unione nazionale. Guillaume ci aveva pensato… svizzeri contro svizzeri fa brutto, e iniziò nello stesso periodo l’ideazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa, di cui fu il primo presidente.
Cioè sto Dufour ha inventato la Croce Rossa, insomma era un generale pacifista… un personaggione (per lo standard estero, ovviamente).
Questo Dufour è un eroe nazionale, e il suo monumento a cavallo in Place Neuve, al centro di Ginevra. Insomma un paparino figo… e mi sentivo orgogliosa di entrare a far parte di questa grande famiglia.

Bisognava quindi rendere al meglio il tutto e studiare e studiare.
La figlia di Dufour non poteva mica avere l’accentaccio italiano, la recitazione in francese doveva essere al top e il canto in tedesco, italiano e francese a memoria pure e poi le espressioni del viso adatte e l’intonazione più appropriata per ogni parola…. ma dove esercitarsi? Dove??
Avevo restituito le chiavi alla signora May ed ero di nuovo orfana di una sala studio…. Aiutooo!!! Aiutooo!!! Ad un certo punto mi venne un’idea…
Borin, ma sei pazza?
E cosa vuoi, fare una figura da chiodi con gli svizzeri perché nel tuo appartamentino dalle pareti di cartone c’è la strega che urla Madame, vous ne pouvez pas chanter ici!!!
Eddai, bando alle ciance e chiedi!
E cosa chiedo…???.
Borin chiedi le chiavi della Maison Dufour!
Te lo ripeto Borin, ma sei matta?
E dai, che qui sono sensibili alla storia dell’arte e dello studio e della preparazione, ricordati che qui l’artista è considerato un lavoro, e poi sei italiana hai tutte le carte da giocarti…e poi Calvino ci è vicino, quello è orgoglioso!
Ma, ma chiedere le chiavi???
E lo so che è un monumento cittadino nazionale.
E lo so che è un luogo storico, e lo so che nessuno in tutta la Svizzera ha queste chiavi a parte il custode e …
La Borin!

Ah, ah, ah! Eh, sì! Ottenni pure le chiavi di uno dei monumenti più importanti della città di Ginevra!! Ah, ah, ah! La Borin, la Borin! Ma che tipa è?
Cari miei, l’obiettivo fondamentale per un soprano, free lance, come me, è fare bene e rendere servizio dell’arte quindi un posto per studiare tutti i giorni, me serve!!!!
18 agosto ore 9.00
Con le chiavi tintinnanti nella tasca mi diressi presso la Maison Dufour, in rue de Contamines, 9 A per essere precisi, quasi svizzeri, e fu così per tutte le mattine avvenire.

Quando sei fuori casa come ogni animaletto lontano dal suo habitat, è necessario creare dei riti, per avere un minimo di comfort zone su cui fare affidamento e quindi, ogni giorno mi recavo a lavorare con una passeggiatina mattutina da Champel, dove abitavo fino a Rue de Contamines passando per Parc Bertrand, un altro parco (non quello di Calvino), dove c’erano centinaia di saltellanti e simpatici écureuiles… cioè scoiattoli.
E poi edicola…

sinistra, destra…

boulangerie e, finalmente, girando l’angolo eccola: la grande casa del generale Guillaume Henri Dufour.

Inserendo la chiave nella toppa aprivo la porta del tempo, odore di legno e polvere, proprio come in teatro, e mi sentivo a casa!

Mi pervadeva sempre un certo tipo di agitazione, l’oscurità regnava in tutto l’androne con quella scala imponente che conduceva al piano superiore.
Sentivo lo scricchiolio del legno far muovere le assi.
Presi l’abitudine di entrare salutando, sa mai che qualche fantasma si potesse offendere dell’intrusione e dei vocalizzi.
Accese le luci, mi accoglieva il busto bronzeo del generale Dufour.
Il suo sguardo sorridente fissava l’altra parte della parete quasi a guardare, come uno specchio, se stesso del passato che decideva le sorti della Svizzera.
Si raccontava, infatti, che in quell’androne, seduto su una poltrona, ascoltasse coloro che venivano a trovarlo per chiedere consigli e per decidere affari di stato.
Aveva l’usanza di non farli entrare in casa per non mescolare famiglia e lavoro, chissà che avrebbe pensato dello smart working!

Passavo poi nel corridoio arrivando nella sala più grande e con metodo iniziavo ad aprire gli scuri delle finestre uno per uno per far entrare luce, calore e vita; e poi mi ricavo nella sala da pranzo che con tutti i fucili appesi alle pareti ricordava lo spirito militare del padrone di casa, e aprivo… spalancavo la grande porta che dava sul giardino e poi mi mettevo finalmente al pianoforte.

E così iniziavano le mie giornate, da sola in compagnia del canto, la mia voce e i miei sogni dentro quella villa, in mezzo ad un parco in Svizzera.
Quando arrivavano tutti i colleghi per dare il via alla prova, la casa l’avevo già vissuta per quasi mezza giornata.

Ero felice, anche se un pensiero (confesso) mi assillava la mente senza sosta! Un pensiero a cui non potevo resistere… ed era…
Il caffè! Si!!! Avevo voglia di un buon caffè! Un caffè vero, tostato non annacquato… un profumato caffè, magari in tazza piccola…non ne posso più di questa brodaglia al sapore di fondo di caffè!!!
Oramai era un’ossessione! Finite le prove continuavo ad esplorare Ginevra! E che cavolo, ci sarà pure un bar italiano da queste parti, no??
27 agosto 2017
Quando lo vidi esclamai: TROVATOOOOO!!!
Fu una visione angelica, fu come raggiungere un’oasi nel deserto.
Dire Buongiorno e poi la visione della macchina del caffè e il profumo del caffè nella tazzina piccola furono qualcosa di immaginabile. Gli angeli, quelli del caffè Kimbo, scesero dal paradiso per coronare questo momento fantastico in cui le mie labbra furono lambite dal liquido caldo e denso di un caffè espresso!
Dopo 23 giorni, uscii dal bar soddisfatta e felice con un pezzettino di Italia in bocca, ero in estasi gongolante e gaudente!
Ma quale raclette e cioccolato.
Ma quale creme au lait e quiche au saumon!
E magnatevi du spaghi!
Ah, come mi mancava una carbonara, l’amatriciana, un buon cabernet, un prosecco… e i tramezzini tonno e cipolline!
E basta con ‘sta retorica anti-nazionale! Se tutto il mondo viene a vedere l’Italia (…e se la vuole comprare pezzo per porto, banca per montagna). Se tutto il mondo adora mangiare il cibo italiano… e ce sarà un motivo??
E allora come mai ad un italiano è proibito amare la propria terra perché altrimenti risulterebbe sciocco e provinciale? Mah, vai a capire… a me risulta totalmente illogico, è come pensare di riuscire a sopravvivere smettendo di respirare liberamente 😉

E così commossa e con il sapore del caffè in bocca, felice della mia vita vagabonda mi avviai verso casa, cioè verso il mio appartamentino dalle pareti cartonate di Champel pronta a vivere altre incredibili avventure svizzere perché… oh, fino al 19 settembre è lunga e… Calvino, guarda che ti tengo d’occhio!
