Le armi di lavoro di un soprano freelance come me sono, e oramai lo sapete bene la volontà e lo studio, tanto studio, tantissimo studio!
Ma questo studio non è solo fatto sul corpo, cioè intendo dire l’allenamento per trovare la risonanza nel petto, o nella testa, lì proprio in quel punto indefinito oltre il naso quando si arriccia per dire la “tru” nel MI bemolle 5 ma solo nel pezzo di Rossini che, poi, la stessa nota in Verdi si fa diversamente!!

Dicevo, oltre a questo mai dimenticare la musica, cioè banalmente le note!
Perché se vuoi fare il soprano free lance, come me, le note l’hai da sapere e pure bene! E, quindi, gli spartiti dopo 400 concerti a passa a casa mia stanno ovunque!!!!!
Preferisci ascoltare il podcast? Eccolo qui, letto da me:
Potrete dunque immaginare le dimensioni della mia biblioteca, fatta per lo più da faldoni, che dico? Kilate! Che dico? Tonnellate di fotocopie illegali … e vabbè, chi ce l’ha i soldi per comprare pure gli spartitioriginali?? Per un pezzo che, magari, fai pure una volta sola? E menomale che c’è IMLSP!

Comunque, l’altro giorno, giusto appunto stavo facendo un po’ di ordine nella mia enorme biblioteca, quando ho ritrovato disperso tra gli altri faldoni, il faldone con scritto “musica russa” ed immediatamente mi è mi è salito alla mente, quasi trasalito, quel periodo lontanissimo in cui venni a contatto con la musica russa.
Tutto ebbe inizio con la solita telefonata.
Ciao Alessandra Sono Natalia. Visto che suoniamo insieme per altri concerti ho pensato di coinvolgerti nel festival ad Est della Musica, la rassegna di musica russa che sto organizzando. Ti andrebbe di cantarci?
Ma certo carissima sarebbe bellissimo.
Va bene allora ci vediamo domani così ti do gli spartiti.
Il giorno seguente, come la vispa Teresa, mi recai al luogo dell’appuntamento ignara di quello che sarebbe stato il mio destino.
Eh sì, perché, appena ricevuti gli spartiti notai un piccolo particolare: le parole sotto le note… erano scritte in caratteri cirillici!

Guardai allora Natalia con occhio allucinato, ma lei con sguardo bonario e anche un po’ sprezzante mi disse:
Sì, lo so che sei italiana, non ti preoccupare ti mando la lettura della pronuncia.
Eh, ho capito che mi mandi la lettura della pronuncia, ma bisogna sistemare le sillabe sotto le note giuste e poi bisogna studiarla in bocca la pronuncia! Ogni lingua ha le sue vocali! Oddio, ma in che situazione mi sono messa??? Aiutooooo!
In quel momento compresi che mi aspettava un lavoro pazzesco, che la scalata del monte Everest in confronto è… è una bazzecola!!!
E fu così con un battesimo del fuoco e, con la data dell’evento che si avvicinava inesorabilmente, che iniziò il mio viaggio nell’universo musicale Russo.

Mi misi a studiare tantissimo, soprattutto cercando il modo per riuscire cavarmela senza fare una figura di m*****.
Alla fine oltre ai tanti italiani interessati al repertorio Russo, i concerti ero pieni di tutti quei lavoratori e quelle lavoratrici che, proveniendo da quelle terre, in Italia hanno trovato maggior fortuna… ma che sentivano nostalgia nei confronti della propria cultura.
Il 5 dicembre 2012 data della prima esibizione per il festival, con la musica scritta in cirillico, accompagnata dalla fisarmonica, eseguii dei pezzi di Glinka e dei brani popolari in ucraino!
Eh, sì, pure in ucraino ho cantato, tanto il testo era in cirillico uguale!!!

Nikolaj Gogol’ scrittore ucraino di origini, russo di adozione, affermò che, se a qualcuno venisse in mente di interrogare la storia, allora dovrebbe rivolgersi all’arte poiché la storia di un popolo si disvela soprattutto nella sua musica.
Infatti, i canti popolari della piccola Russia sono, come una pietra incisa, la memoria vivida parlante e suonante di quella terra.
Beh, per onor della cronaca, andò tutto perfettamente, tanto che passai al livello b2!
Infatti, cosa c’è di più difficile di cantare un concerto di brani di musica russa? Ma ovvio, no?? Fare dei duetti, magari con un basso e con un mezzosoprano!
Quel 20 febbraio 2015 me lo ricordo bene, che commozione quei duetti di Tchaikovsky e Stravinsky, davvero musica veramente bellissima, che sembrava quasi di volare sulla steppa e di sentire i profumi delle sconfinate possibilità della natura imponente dell’Est.

Avreste dovuto vedere gli spartiti: un campo di battaglia! Tutti pieni di cancellature, colori frecce, tutti pieni di appunti perché poi ovviamente, l’esibizione non è solo cantare con la giusta pronuncia ma anche dare un’interpretazione, un colore al suono, un timbro emotivo!

Non potrei contare tutte le ore trascorse ad imparare a memoria una lingua sconosciuta, ma soprattutto tutte le ore trascorse a cercare di comprendere un sentire emotivo distante dal mio.
Usai tutta la mia capacità di immedesimazione per aprire la mia mente alla vastità dei panorami, per immaginare le terre dei cosacchi, il lungo freddo, la semplicità, i colori vividi, ad una gioia trattenuta ma pura, ad una amicalità coinvolgente, ma discreta.
Fui incantata nell’ammirare i movimenti eleganti delle danze russe, eseguite in abiti tradizionali che sempre corredavano i nostri concerti.

Io stessa, ricordo, venni abbigliata con bluse ricamate da motivi geometrici e con un copricapo di fiori sgargianti.
Non trovate meravigliosa l’abitudine che hanno gli esseri umani nelle varie pasti del pianeta nel decorare i corpi delle loro donne con i fiori che le rendono più belle?
Quale popolo è migliore dell’altro, quale cultura non esprime la ricchezza dell’animo umano?
Quale diritto ha qualcuno di ritenersi migliore di qualcun altro?
Cantare in quei concerti fu una vera emozione per me, il vostro soprano free lance preferito.
Mi sentivo ospite di un sentire più grande di me, mi fu data l’opportunità di percepire la grandezza di una cultura lontana dalla mia senza muovermi di un passo.
M’innamorai così dello spirito dei cosacchi libri e fieri, e avvenne, come disse Gogol’, attraverso la musica, attraverso l’arte!
Che fortuna essere un soprano free lance si può esplorare attraverso il canto persino l’animo libero di un popolo lontano!

In questi concerti che dal 2012 mi accompagnarono per 4 anni ebbi l’occasione di conoscere un sacco di persone provenienti dalla grande Russia e dall’Ucraina, tutte così socievoli e felici di condividere con noi la loro cultura.
Nei dopo concerti assaggiai i piatti deliziosi di cui non ricordo il nome, ma preparati con cura per noi musicisti, e scusatemi se è poco… ma oltre al viaggio culturale e artistico, io ho fatto anche un viaggio enogastronomico, e mica è da tutti
Il concerto più commuovente fu il 9 novembre del 2013 quando mi esibii in un evento organizzato per l’Ottantesimo anniversario della carestia Ucraina del 1932-33. Holodomor.

La parola combina assieme le parole morte e fame; Holodomor fu un genocidio dalle proporzioni immense.
L’uomo che sta al potere per sottomettere i popoli e trasformare la società come più gli conviene, per mantenere se stesso e la propria ricchezza, può giungere a procurare delle persino catastrofi naturali? La terribile risposta è: sì!
Come ieri accadde, così accade oggi!
Quante tragedie in quella grande parte di mondo si sono consumate a danno della povera gente.

Se non mancarono i momenti di commozione, erano quelli gli anni del conflitto in Ucraina, ne ricordo anche molti di ilarità.
Ci fu un concerto in cui cantai la canzone del vecchio acero, che è tipo “O sole mio” per noi, cioè… la sanno tutti! Ma proprio tutti!!!!
Iniziò a suonare la fisarmonica e, appena dopo la prima battuta, vidi la platea illuminarsi di gioia, gli occhi sgranati, i sorrisi a 54 denti e tutti e dico tutti iniziarono a sillabare con me!
Psss, Borin, cavolo questi la sanno… e pure bene!
Borin, non puoi sbagliare, qui ti linciano!!! Ma porca pu****** !
Alla fine delle tre strofe in cui sudai freddo, la gran parte del pubblico applaudì e molti si alzarono.

Borin, mi sa che hai toppato… questo giro sei morta!
Un’orda di badanti bionde mi raggiunse velocemente, come valchirie mi assalirono parlandomi in russo, non ci capivo nulla ma era evidente che si volessero complimentare con me, dati i sorrisi e la affettuosità.
Per qualche secondo fu incerta ma l’unica cosa che avevo imparato a dire ya krassivija piviza cioè, io sono una bella cantante!
E non potevo certo in questo modo affrontare alcun tipo di discorso soprattutto fingermi russa o parlare dei miei parenti lontani in Russia, che non c’erano, quindi, decisi di rompere l’incantesimo e sorridendo dissi Grazie, ma, scusate, io sono italiana.
Il loro volto rabbuiò improvvisamente, tutta la loro delusione mi investì così violentemente che mi sentii in colpa per la prima volta di essere nata nel più bel paese del mondo!
Ma fu un attimo, poi tornarono i sorrisi e cominciarono a parlarmi dicendomi:
Lei bravissima signorina/ Complimenti davvero/ Suo canto meraviglioso/ Noi credevamo lei fosse Ucraina /Anche perché suo viso è di donna ucraina!

Ma come? Ho la faccia da Ucraina?
Ma…. ho la faccia da Ucraina?
Senti un po’: Ya krassivija piviza …ma italiana!!!

Di questi anni ho apprezzato profondamente l’impegno, gli sforzi di chi ha voluto tenere vivo il ricordo delle terre lontane in patria straniera portando la cultura.
Ma, soprattutto, quando penso alla musica russa mi tornano in mente le note dei quella canzone d’amore “Il vecchio acero”… che bussa alla finestra invitando i due amanti a passeggiare nella natura.
Perché sono così sereno?
Perché tu cammini lungo la via accanto a me.

Alla prossima
Ps: se tutti fossimo fratelli e ci tenessimo per mano, il mondo sarebbe un vero paradiso. Evviva la verità, evviva la Libertà dei popoli.