Nella puntata precedente “Vita da strega”, vi ho raccontato il rapporto che c’è tra un soprano freelance, come me, e le maghe fattucchiere, personaggi insoliti fuori dagli schemi con parti vocali estremamente ardite, barocche, ricche di sfumature espressive…
Preferisci ascoltare il podcast? Eccolo qui, letto da me:
Come non avete ascoltato la puntata precedente?
Ma, come è difficile starmi dietro?
Ma resto allibita, vabbè! Ma non c’è problema, vi ricordo che è tutto registrato sul mio sito… basta un click!
Dicevo dunque si trattava nella puntata precedente di materia arcana dagli ippogrifi, agli specchi incantati fino alle pozioni magiche, che credevo essere tutte delle meravigliose invenzioni letterarie fino al giorno in cui arrivò la solita (telefonata).
Buongiorno Alessandra, sono Massimo.
Dall’altro capo della cornetta vi era un personaggio politico con cui avevo già collaborato (proficuamente, sennò col cavolo che mi richiamava) in grado di gestire il settore cultura con vere capacità.
Alessandra, per l’imminente festival che inizierà tra un paio di mesi, avrei in mente uno spettacolo particolare, che solo lei può condurre in porto, è un’operazione complicatissima: raccontare la vita di Rosina Bonato.

Ah, si! Ma certamente…
Ma scusa, ma chi è Rosina Bonato? Me lo domandai, come sempre, nel mio cuore: ma questi pensano che io sappia tutto?
Non che non so tutto, mi devo informare.
Grazie, le farò sapere.
E così, con una semplice telefonata, iniziò un’avventura senza precedenti che rimase scolpita nella mente della vostra soprano freelance preferita.
Lo spettacolo si era deciso di farlo in una cava di pietra, proprio dentro la cava, a Zovencedo.
Ah, ah, ah! La Borin, pure in una cava di pietra va a cantare! Certo, certo che mi stupisci ogni volta!

Ale, ma stai bona e pensa ai risvolti negativi, sai l’umido per la voce? Mi verrà il “ranteghin”; e poi come si sentirà? E poi, senti, ma chi ci viene in una cava dispersa in mezzo alle montagne a sentire uno spettacolo?
In effetti questo luogo era veramente disperso in mezzo alle montagne.
Dopo aver percorso un tratto in macchina tortuoso, pieno di tornanti e poi un tratto a piedi in mezzo ad una natura pietrosa e aspra, giunsi all’ingresso buio della cava.
Una folata di vento gelido mi attraversò di colpo.

Entrai, e dopo che i miei occhi si abituarono all’oscurità, vidi un teatro naturale immenso in pietra bianca ricavato nella pietra dalla pietra: bellissimo!
Mi immaginai subito con la mia mente scenografica un gioco di luci colorate e l’eco era perfetto: battei le mani e feci un vocalizzo! Brava, Borin, pure ‘sto giro verrà fuori una roba fichissima!

Ale, non cantare vittoria prima del tempo, non dir gatto se non l’hai nel sacco.
Ti ricordo che ancora non sai chi è la signora Bonato e ti devi andare a documentare.
Rosina Bonato
E fu così che cercando nelle biblioteche e consultando i personaggi del posto, iniziai a conoscere Rosina.
La signora Bonato, classe 1880, era nata il 26 settembre da Carlo Bonato e Ganassin Maria, maestra, giunta in quei luoghi da terre lontane.
Veniva chiamata anche la Fuina perché nel 1907 aveva sposato Giulio Donatello Fuin, dal quale era rimasta vedova nel 1941.
Abitava in una casupola in pietra vicino al castello ed era conosciuta in tutto il basso Vicentino in quanto, oltre a liberare dal malocchio uomini, cose e bestie, preparava anche strane pozioni miracolose a base di erbe contro ogni sorta di male.
Rosina Bonato morì all’ospedale di Lonigo, sola, nel 1965.
Borin, cavolo che storia scottante, qui bisogna approfondire se ci devo fare uno spettacolo!
Ah, ah, ah! Ve pare facile a voi! Ve l’ho detto! Facile essere Tosca o Traviata, Adina, Norma: c’hai un sacco di illustri esempi!!!
Ma prova tu ad essere popolo ed a portare sulla scena la normalità!
Beh, a me comunque una che fa pozioni magiche, Borin, tanto normale non mi sembra.
Ma dai, che pizza, sarà la solita storia di “anguane” che tanto va di moda in questi posti.
Storia de che?
Ah, già, te sei nata a Roma, ma per metà sei veneta, te lo ricordo!
Comunque, le anguane o agane, subiane, aganis, ogane, gane, vivane, pagane, zubiane, acquane, longane che dir si vogliano, sono figure mitologiche e folcloristiche legate alle cave o ai corsi d’acqua, conosciute nelle regioni pedemontane italiche e montane dal veronese al Cadore.

Sono esseri speciali, misteriosi, metà donne metà rettili, metà pesce, spiriti della natura, donne dei boschi che incantano uomini, e vivono di sogni e magia.

Ma che stai a dire? Qua stiamo parlando di Rosina Bonato. Hai trovato pure le foto in biblioteca! Qui è una cosa reale, mica puoi metterti a fare uno spettacolo femminista-e-qualunquista-radical-chic!
Eh già, di fatti, la signora Bonato era vera, ed era conosciuta e se la ricordavano.
Insomma, altro che ninfa dei boschi, altro che “anguana”… questa qui era un personaggio vissuto in carne e ossa e, sì, che se la ricordavano!
Se la ricordavano vagare per le case, per i paesi, lunga e sottile, ossuta dalla pelle scura segnata dal tempo.
Camminando su ciabatte nere e logore al tempo si spostava a piedi e conosceva ogni strada, ogni via, ogni anfratto, ogni scorciatoia.
Portava sul capo una cuffietta scura, nessuno ricorda di averla mai vista alla fontana del paese, né furono mai notate fuori casa sua lenzuola o abiti stesi ad asciugare.
Al solo starle vicino si poteva percepire un inconfondibile olezzo rancido di fumo, di tempo, poiché era dentro la sua casa che creava tutte le sue pozioni.
Nel riserbo della sua cucina come un antro di tutto rispetto, tra fumo e il borbottio di paioli, combinava le sue magie; si dice avesse un libro scritto in latino e in greco antico che aveva usato anche sua madre prima di lei.
Ella in effetti sapeva leggere e scrivere.
Eh, no, queste sono notizie forti! Altro che “anguana”, questa qui sembra una strega di tutto rispetto! Borin, bisogna approfondire!
E così, in effetti, feci e continuai a cercare testi e testimonianze sempre più affascinata da questa donna tanto originale vissuta nel passato più vicino.
Ma il dubbio cominciava ad alimentarsi.
Come ci avrei fatto uno spettacolo, un concerto teatrale che non cadesse nel ridicolo o nel fantasy?
Di certe vite bisogna portare rispetto, anche perché… non si sa mai!
E così, mi ritrovai completamente immersa nella ricerca e nella storia, sempre più stupita di quello che raccontavano di lei alcuni testi di storie locali della vita di Zovencedo, questo piccolo centro tra i monti Berici.
Rosina Bonato era conosciuta anche come la Checchina, e dai paesi vicini tutti giungevano alla sua porta in cerca di rimedi ai propri mali.

Questi rimedi, cioè i suoi sortilegi, lei li chiamava “treni”.
In cambio delle sue prestazioni magiche raccoglieva dal popolo pane, farina bianca, salsiccia, pezzi di salame, tutta la merce in natura. Non voleva denaro, non portava gioielli, portava il dito solo una vera matta: l’originale era stata donata alla patria durante la guerra del 1915 – 1918.
Le mani della Checchina erano asciutte e nodose.
Ricordano che con quelle sapeva fare i suoi “treni” usando erbe e mescolando radici che trovava nei boschi vicini e che metteva a bollire con l’acqua piovana che raccoglieva fuori casa, in un avvallamento del suo orticello cinto da una rete consumata e dalle calendule: una pozza scura che i suoi compaesani chiamavano la busa.
Quell’acqua rancida le serviva per tutto, preparare minestre, cuocere decotti, e creare gli infusi, effettuare pediluvi o rasentare, persino, il boccale da notte.
Il ricordo di lei è rimasto impresso nelle filastrocche, nei proverbi, nei detti paesani.
Le testimonianze del suo incessante lavoro erano tantissime e lo sono tutt’ora, sembrava che dovesse disfare una trama maligna che si abbatteva sugli abitanti del luogo continuamente.
Lessi alcuni racconti che mi lasciarono a bocca aperta.
Se qualcuno aveva mal di denti si rivolgeva a lei che, alzando il dito ossuto, invitava il malcapitato ad aprire la bocca, e, dopo aver segnato il dente malato con la croce, il dolore passava.
Da lei venivano portati gli “striossi”, dei grovigli di piume che venivano ritrovati nei cuscini o nei materassi e che, a volte, contenevano chiodi. Erano questi “striossi” la materializzazione del malocchio.

Lo “striosso” veniva poi preso dalla Checchina e fatto bollire e, si dice, che la vera colpevole in quel momento fosse assalita da terribili dolori e urlasse senza ferite apparenti.
Da lei giungevano contadini o pastori disperati e che sempre trovavano il rimedio per i propri dolori o quelli degli animali, ogni cosa conosceva la Rosina e per ogni male c’era un rimedio.
Dopo tutte queste fatiche la Rosina non rifiutava un bicchiere di vino all’osteria, e proprio all’osteria La Moreieta che si fermava spesso.
Ci fu un giorno, raccontano, che tornando da Lonigo dove aveva compiuto tanti treni portò all’attenzione di tutti il caso più sconvolgente della sua carriera: raccontò di essere entrata in possesso una polenta piena di sangue.
Nessuno le credette finché, tutta stizzita, tirò fuori dalla sua traversa una polenta intera attraversata da vene di sangue vivo che continuava a sgorgare senza mai coagularsi.
Una visione che seminò sgomento fra tutti e che ancora viene ricordata dai ragazzi che erano presenti.
La Checchina affermò che solamente una strega malvagia avrebbe potuto macchinare un’operazione tanto macabra.
Tutti la conoscevano e in segreto ricorrevano a lei, più che al prete del paese, in realtà si dice che fosse molto sola.
Stimata e cercata solo per puro interesse, la maggior parte preferiva evitarla.
Una strega, si sa, avrebbe potuto fare dei magheggi indesiderati.
C’era chi alla sola vista la insultava, i giovani per sfida gareggiavano in prove di coraggio tormentandola o togliendole il berretto dal capo o, semplicemente, toccandola, o persino colpendola con un sasso.

Di certo si può affermare che Rosina Bonato non abbia mai creato discordie, barattando bene e qualche speranza per un po’ di cibo.
Sulla stria dei Berici mille sono i racconti che possono essere più o meno veritieri, questo io non lo so.
Di certo, oltre alle foto, scoprii che venne intervistata negli anni ‘40 da un giornalista, e trovai persino alcune trascrizioni di queste registrazioni in cui erano riportate fedelmente le sue formule magiche, in dialetto s’intende, e così decisi di capirne di più.
Lo spettacolo stava diventando una cosa seria, e con in mano queste frasi misteriose decisi di consultare chi mi potesse spiegare se veramente la Checchina era o no una vera stria!
Tramite un passaparola, in aprile, giunsi così all’ingresso di una casa solitaria che si ergeva accanto ad un fiume.
Mi colpì una rana di terracotta che faceva la guardia ad un cancello di vetro opaco e ferro battuto, che, cigolando, si aprì.
Buonasera signora, sono venuta.
Le ho telefonato qualche giorno fa per avere delle informazioni circa un personaggio che dovrei interpretare in un mio spettacolo, so che lei è un’esperta di erbe.
La signora mi scrutò e mi fece accomodare.
Confesso che la vostra soprano freelance si era addentrata in terreni del tutto nuovi e lontanissimi dalle proprie abitudini ed iniziava ad avere un po’ di ansia.
Ma non facevo la cantante lirica?
Ma che ci faccio qua a casa di una sconosciuta?
Ma che ci faccio qui?

E così, in un momento, pensai al teatro, ai costumi di scena, ai lustrini, ai colleghi tutto affettati e dissi, tra me e me, che noia! Meglio l’avventura!!! Eh, sì! Meglio l’avventura.
In un baleno tornai in quella sala scura, mi sentivo agitata come prima di un esame, ma tentai di nasconderlo alla signora, ricorrendo a tutto il teatro che avevo incamerato e che potevo recitare in quel momento.
E così mostrai le mostrai le trascrizioni dei rimedi della Checchina.
La signora prese il foglio e lesse lentamente, con attenzione.
Dopo lunghi minuti di silenzio che mi parvero interminabili, vi dirò, in cui la signora annuì più volte alzò lo sguardo e mi disse:
Ah, beh, cara, se speri che una strega ti racconti i propri segreti stai fresca!
Però, una cosa posso dirti: questa Rosina, sì che ne sapeva!!!
Eccome se ne sapeva!!!
E secondo me, ora, sta guardando cosa fai… Ah, ah, ah, ah!!!
Quando il portone si chiuse alle mie spalle ormai si era fatto buio, non c’era più nulla da scoprire su Rosina Bonato.
Solamente c’era da scrivere il copione e creare le musiche per lo spettacolo, programmato per il 18 maggio 2014.
Una folata improvvisa di vento gelido salì dal fiume che scorreva accanto, e per la prima volta mi sentii osservata.
Alla prossima.
Ps: ringrazio la signora Lorena Ometto per aver prestato la voce alla strega, forse.